(7) Per facilitare un’applicazione più coerente delle sanzioni, in particolare in caso di infrazioni intra-UE, di infrazioni diffuse e di infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale quale definita nel regolamento (UE) 2017/2394, dovrebbero essere inclusi nelle direttive 93/13/CEE, 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE, criteri comuni non esaustivi e indicativi di applicazione delle sanzioni.
Tali criteri dovrebbero includere, per esempio, la natura, la gravità, l’entità e la durata dell’infrazione, e anche un’eventuale azione di riparazione proposta dal professionista al consumatore per il danno causato.
Le infrazioni reiterate da parte dello stesso soggetto dimostrano una propensione a commettere tali violazioni e sono pertanto un indice significativo della gravità del comportamento e di conseguenza dell’esigenza di aumentare il livello della sanzione per conseguire un reale effetto dissuasivo.
Qualora siano disponibili dati al riguardo, si dovrebbero prendere in considerazione i benefici finanziari conseguiti o le perdite evitate in virtù della violazione.
Si può inoltre tener conto di altri fattori aggravanti o attenuanti applicabili alle circostanze del caso.
- = -
(16) Gli Stati membri dovrebbero garantire la disponibilità di rimedi per i consumatori danneggiati da pratiche commerciali sleali per eliminare tutti gli effetti di tali pratiche scorrette.
L’adozione di un quadro ben preciso per i rimedi individuali faciliterebbe l’esecuzione a livello privato.
Il consumatore dovrebbe poter ottenere il risarcimento dei danni e, se pertinente, una riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, in modo proporzionato ed efficace.
Agli Stati membri non dovrebbe essere impedito di mantenere o introdurre il diritto ad altri rimedi, come la riparazione o la sostituzione, per i consumatori danneggiati da pratiche commerciali sleali per garantire l’eliminazione totale degli effetti di tali pratiche.
Agli Stati membri non dovrebbe essere impedito di stabilire le condizioni per l’applicazione e gli effetti dei rimedi per i consumatori.
Nell’applicare tali rimedi si potrebbe tener conto, se del caso, della gravità e della natura della pratica commerciale sleale, del danno subito dal consumatore e di altre circostanze pertinenti, quali la condotta scorretta del professionista o l’inadempimento del contratto.
- = -
(20) Su questo aspetto, l’allegato I della direttiva 2005/29/CE dovrebbe essere modificato al fine di aggiungere un nuovo punto per precisare che sono vietate le pratiche in cui un professionista fornisca informazioni a un consumatore sotto forma di risultati di ricerca in risposta a una ricerca online del consumatore senza rivelare l’esistenza di pubblicità a pagamento o di un pagamento destinato specificamente a ottenere una classificazione migliore dei prodotti all’interno dei risultati della ricerca.
Se un professionista ha pagato, direttamente o indirettamente, il fornitore di funzionalità di ricerca online per ottenere una classificazione migliore di un prodotto all’interno dei risultati della ricerca, il fornitore di funzionalità di ricerca online dovrebbe informarne i consumatori in forma concisa, semplice e comprensibile.
Il pagamento indiretto potrebbe consistere nell’accettazione da parte del professionista di obblighi aggiuntivi, di qualsiasi genere, nei confronti del fornitore di funzionalità di ricerca online il cui effetto specifico sia l’ottenimento di una classificazione migliore del prodotto.
Il pagamento indiretto potrebbe consistere in una commissione maggiorata per ciascuna transazione e in diversi sistemi di compenso che diano specificamente luogo a una classificazione migliore.
I pagamenti per servizi generali, come le commissioni per l’inserimento in elenco o le quote di sottoscrizione, che si riferiscono a un’ampia gamma di funzionalità offerte al professionista dal fornitore di funzionalità di ricerca online, non dovrebbero essere considerati pagamenti per ottenere specificamente una classificazione migliore dei prodotti, purché tali pagamenti non abbiano precisamente tale finalità.
La funzionalità di ricerca online può essere offerta da diversi tipi di professionisti online, compresi gli intermediari, quali i mercati online, i motori di ricerca e i siti web di confronto.
- = -
(22) I professionisti che permettono ai consumatori di effettuare ricerche di beni e servizi, quali viaggi, alloggi e attività ricreative, offerti da altri professionisti o da consumatori, dovrebbero informarli in merito ai principali parametri predefiniti che determinano la classificazione delle offerte presentate al consumatore come risultato della sua ricerca e all’importanza relativa di tali parametri rispetto ad altri parametri.
Tali informazioni dovrebbero essere presentate in modo conciso e rese facilmente, visibilmente e direttamente accessibili.
Con «parametri che determinano la classificazione» s’intende qualsiasi criterio generale, processo, segnale specifico integrato negli algoritmi o qualsiasi altro meccanismo di aggiustamento o di retrocessione utilizzato in connessione con la classificazione.
- = -
(26) Nelle direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE dovrebbero pertanto essere previsti specifici requisiti in materia di informazione per i mercati online, onde comunicare ai consumatori che si avvalgono di tali mercati le seguenti informazioni: i principali parametri che determinano la classificazione delle offerte e se il contratto è concluso con un professionista o con un non professionista, come un altro consumatore.
- = -
(30) Le definizioni di «contenuti digitali» e «servizi digitali» di cui alla direttiva 2011/83/UE dovrebbero essere allineate a quelle di cui alla direttiva (UE) 2019/770 del Parlamento europeo e del Consiglio (15).
I contenuti digitali nella definizione della direttiva (UE) 2019/770 si riferiscono a una singola fornitura, a una serie di singole forniture o a una fornitura continuativa per un determinato periodo di tempo.
L’elemento della fornitura continuativa non dovrebbe necessariamente implicare una fornitura a lungo termine.
Casi quali la trasmissione in streaming di un video dovrebbero essere considerati una fornitura continuativa per un determinato periodo di tempo, a prescindere dall’effettiva durata del file audiovisivo.
Pertanto, può risultare difficile distinguere tra alcuni tipi di contenuti digitali e di servizi digitali, dato che entrambi possono comportare una fornitura continuativa da parte del professionista, per tutta la durata del contratto.
Esempi di servizi digitali sono i servizi di condivisione di file video e audio e altri tipi di file hosting, il trattamento testi o i giochi offerti nell’ambiente di cloud computing, l’archiviazione su cloud, la webmail, i media sociali e le applicazioni su cloud.
La continua implicazione del fornitore di servizi giustifica l’applicazione delle norme sul diritto di recesso previste dalla direttiva 2011/83/UE, che permettono effettivamente al consumatore di provare il servizio e di decidere, entro un periodo di 14 giorni dalla conclusione del contratto, se mantenerlo o no.
Numerosi contratti per la fornitura di servizi digitali mediante un supporto non materiale sono caratterizzati da una singola fornitura da parte del professionista per fornire al consumatore uno o più elementi specifici del contenuto digitale, come file musicali o video.
Tali contratti per la fornitura di servizi digitali mediante un supporto non materiale rimangono soggetti all’eccezione al diritto di recesso di cui all’articolo 16, primo comma, lettera m), della direttiva 2011/83/UE che prevede che il consumatore perda tale diritto una volta cominciata l’esecuzione del contratto, come il download o lo streaming del contenuto, a condizione che il consumatore abbia dato il suo previo consenso espresso a iniziare l’esecuzione durante il periodo del diritto di recesso e abbia accettato che avrebbe così perso il suo diritto.
Qualora non sia chiaro se il contratto è un contratto di servizi o di fornitura di contenuti digitali forniti mediante un supporto non materiale, si dovrebbe applicare la norma sul diritto di recesso per i servizi.
- = -
(31) I contenuti digitali e i servizi digitali sono spesso forniti online nell’ambito di contratti che non prevedono, da parte del consumatore, il pagamento di un prezzo, bensì la comunicazione di dati personali al professionista.
La direttiva 2011/83/UE si applica già ai contratti per la fornitura di contenuto digitale mediante un supporto non materiale (vale a dire la fornitura di contenuto digitale online), indipendentemente dal fatto che il consumatore paghi un prezzo o fornisca dati personali.
tuttavia, tale direttiva si applica solo ai contratti di servizi, compresi i contratti di servizi digitali, che prevedono che il consumatore paghi o si impegni a pagare un prezzo.
Di conseguenza, tale direttiva non si applica ai contratti di servizi digitali nel cui ambito il consumatore fornisce al professionista dati personali e non paga alcun prezzo.
Data la loro somiglianza e la loro interscambiabilità, i servizi digitali a pagamento e i servizi digitali forniti contro dati personali dovrebbero essere soggetti alle stesse norme ai sensi di tale direttiva.
- = -
(32) Dovrebbe inoltre essere garantita la coerenza fra l’ambito d’applicazione della direttiva 2011/83/UE e della direttiva (UE) 2019/770, che riguarda i contratti di fornitura di contenuto digitale o di servizi digitali nell’ambito dei quali il consumatore fornisce o si impegna a fornire al professionista dati personali.
- = -
(33) Pertanto, l’ambito d’applicazione della direttiva 2011/83/UE dovrebbe essere ampliato per contemplare anche i contratti nel cui ambito il professionista fornisce o si impegna a fornire un servizio digitale al consumatore, e il consumatore comunica o si impegna a comunicare dati personali.
Analogamente ai contratti per la fornitura di contenuto digitale mediante un supporto non materiale, tale direttiva dovrebbe applicarsi ogniqualvolta il consumatore fornisce o si impegna a fornire dati personali al professionista, eccetto nei casi in cui i dati personali forniti dal consumatore siano trattati esclusivamente dal professionista ai fini della fornitura del contenuto digitale o del servizio digitale, e il professionista non tratti tali dati per nessun altro scopo.
Il trattamento dei dati personali dovrebbe essere conforme al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (16).
- = -
(34) Al fine di garantire il pieno allineamento alla direttiva (UE) 2019/770, quando il contenuto digitale e i servizi digitali non sono forniti contro il pagamento di un prezzo, la direttiva 2011/83/UE non dovrebbe inoltre applicarsi alle situazioni in cui il professionista raccoglie dati personali per il solo scopo di assolvere agli obblighi di legge cui è soggetto.
Tali situazioni potrebbero includere i casi in cui la registrazione del consumatore è richiesta dalla legge applicabile ai fini di sicurezza e di identificazione.
- = -
(35) La direttiva 2011/83/UE non dovrebbe poi applicarsi alle situazioni in cui il professionista raccoglie solo metadati, come informazioni sul dispositivo del consumatore o la cronologia del browser, tranne nel caso in cui tale situazione sia considerata come un contratto dal diritto nazionale.
La direttiva 2011/83/UE non dovrebbe neanche applicarsi alle situazioni in cui il consumatore, senza avere concluso un contratto con il professionista, è esposto a pubblicità solo allo scopo di ottenere l’accesso a un contenuto digitale o a un servizio digitale.
Tuttavia, gli Stati membri dovrebbero rimanere liberi di estendere l’applicazione delle norme di tale direttiva a tali situazioni, o di regolamentare altrimenti situazioni di questo tipo escluse dall’ambito d’applicazione di detta direttiva.
- = -
(37) Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 8, paragrafo 8, della direttiva 2011/83/UE i professionisti, rispettivamente per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali e per i contratti a distanza, sono tenuti a ottenere il previo consenso espresso del consumatore per iniziare l’esecuzione del contratto prima della scadenza del periodo di diritto di recesso.
L’articolo 14, paragrafo 4, lettera a), di tale direttiva prevede una sanzione contrattuale nel caso in cui il professionista non rispetti questa condizione, vale a dire che il consumatore non debba pagare per i servizi forniti.
Il requisito di ottenere il previo consenso espresso del consumatore è di conseguenza rilevante solo per i servizi, compresi i servizi digitali, forniti dietro il pagamento di un prezzo. È necessario pertanto modificare l’articolo 7, paragrafo 3, e l’articolo 8, paragrafo 8, in modo che l’obbligo per i professionisti di ottenere il previo consenso espresso del consumatore si applichi solo ai contratti di servizi che impongono al consumatore l’obbligo di pagare.
- = -
(38) L’articolo 16, primo comma, lettera m) della direttiva 2011/83/UE prevede un’eccezione al diritto di recesso per quanto riguarda il contenuto digitale fornito mediante un supporto non materiale, se il consumatore ha dato il previo consenso espresso a far cominciare l’esecuzione del contratto prima della scadenza del periodo di diritto di recesso e ha accettato il fatto che avrebbe perso il suo diritto di recesso.
L’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), di tale direttiva prevede una sanzione contrattuale nel caso in cui il professionista non rispetti questa condizione, vale a dire che il consumatore non debba pagare per il contenuto digitale utilizzato.
Il requisito di ottenere il previo consenso espresso e l’accettazione da parte del consumatore è di conseguenza rilevante solo per il contenuto digitale fornito dietro il pagamento di un prezzo. È necessario pertanto modificare l’articolo 16, primo comma, lettera m), in modo che l’obbligo per i professionisti di ottenere il previo consenso espresso e l’accettazione da parte del consumatore si applichi solo ai contratti che impongono al consumatore l’obbligo di pagare.
- = -
(39) L’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE stabilisce gli obblighi di informazione nel caso di un «invito all’acquisto» di un prodotto a un prezzo specifico.
Tali obblighi di informazione si applicano già nella fase pubblicitaria, mentre la direttiva 2011/83/UE impone gli stessi, e altri, più dettagliati obblighi di informazione nella posteriore fase precontrattuale (vale a dire subito prima che il consumatore concluda il contratto).
Di conseguenza, i professionisti potrebbero essere tenuti a fornire la stessa informazione sia nella fase pubblicitaria (per esempio un annuncio pubblicitario online su un sito web) che nella fase precontrattuale (per esempio sulle pagine dei loro negozi online).
- = -
(40) Gli obblighi di informazione al consumatore ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE includono le modalità di trattamento dei reclami da parte del professionista.
I risultati del diritto dei consumatori riguardo al controllo dell’adeguatezza mostrano che questa informazione assume la massima rilevanza nella fase precontrattuale, che è disciplinata dalla direttiva 2011/83/UE.
L’obbligo di fornire questa informazione negli inviti all’acquisto nella fase pubblicitaria ai sensi della direttiva 2005/29/CE dovrebbe pertanto essere soppresso.
- = -
(42) L’articolo 16, primo comma, lettera a), della direttiva 2011/83/UE prevede un’eccezione al diritto di recesso riguardante i contratti di servizi dopo la piena prestazione del servizio se l’esecuzione è iniziata con il previo consenso espresso del consumatore e con l’accettazione del fatto che questi perderà il diritto di recesso a seguito della piena esecuzione del contratto da parte del professionista.
Per contro, l’articolo 7, paragrafo 3, e l’articolo 8, paragrafo 8, di tale direttiva, che vertono sugli obblighi del professionista nei casi in cui l’esecuzione del contratto sia cominciata prima della scadenza del periodo di diritto di recesso, fanno obbligo ai professionisti di ottenere solo il previo consenso espresso ma non l’accettazione del fatto che il suo diritto di recesso sarà perso una volta eseguito il contratto.
Per garantire la coerenza fra tali disposizioni giuridiche è necessario inserire all’articolo 7, paragrafo 3, e all’articolo 8, paragrafo 8, l’obbligo per il professionista di ottenere dal consumatore anche l’accettazione del fatto che questi perderà il diritto di recesso una volta eseguito il contratto, se il contratto obbliga il consumatore a pagare.
Inoltre, il testo dell’articolo 16, primo comma, lettera a), della medesima direttiva dovrebbe essere modificato per tenere conto delle modifiche apportate all’articolo 7, paragrafo 3, e all’articolo 8, paragrafo 8, nel senso che l’obbligo per i professionisti di ottenere il previo consenso espresso e l’accettazione del consumatore si applica solo ai contratti di servizi che impongono al consumatore l’obbligo di pagare.
Tuttavia, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di non applicare l’obbligo per il professionista di ottenere l’accettazione del consumatore che il diritto di recesso sarà perso una volta eseguito il contratto per i contratti di servizi in cui il consumatore abbia espressamente richiesto una visita del professionista per l’effettuazione di riparazioni.
L’articolo 16, primo comma, lettera c), di tale direttiva prevede un’eccezione al diritto di recesso riguardo ai contratti relativi alla fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati.
Tale eccezione si applica, per esempio, alla fabbricazione e all’installazione di mobili confezionati su misura presso l’abitazione del consumatore, se tali operazioni sono effettuate in base a un contratto di vendita unico.
- = -
(44) L’articolo 14, paragrafo 4, della direttiva 2011/83/UE stabilisce le condizioni a cui, in caso di esercizio del diritto di recesso, il consumatore non sostiene i costi per la prestazione di servizi, la fornitura di utenze e la fornitura di contenuto digitale non mediante un supporto materiale.
Quando ricorre una di queste condizioni, il consumatore non deve pagare il prezzo del servizio, delle utenze o del contenuto digitale ricevuti prima dell’esercizio del diritto di recesso.
Per quanto riguarda il contenuto digitale, una di queste condizioni non cumulative di cui all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), punto iii), è la mancata conferma del contratto da parte del professionista, compresa la mancata conferma del previo consenso espresso del consumatore a iniziare l’esecuzione del contratto prima della scadenza del periodo di diritto di recesso, e la conferma dell’accettazione che di conseguenza tale diritto sarebbe stato perso.
Tuttavia, questa condizione non figura tra quelle che comportano la perdita del diritto di recesso di cui all’articolo 16, primo comma, lettera m) di tale direttiva, il che crea incertezza quanto alla possibilità per i consumatori di invocare la condizione di cui all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), punto iii), nei casi in cui ricorrano le altre due condizioni previste alla medesima lettera b) e il consumatore abbia, di conseguenza, perso il diritto di recesso ai sensi dell’articolo articolo 16, primo comma, lettera m).
La condizione prevista all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), punto iii), dovrebbe pertanto essere aggiunta all’articolo 16, primo comma, lettera m), per consentire al consumatore di esercitare il diritto di recesso qualora detta condizione non ricorra e, di conseguenza, rivendicare l’esercizio dei diritti di cui all’articolo 14, paragrafo 4.
- = -
(45) I professionisti possono personalizzare il prezzo delle loro offerte per determinati consumatori o specifiche categorie di consumatori sulla base di processi decisionali automatizzati e di profilazione del comportamento dei consumatori che permettono ai professionisti di valutare il potere d’acquisto dei singoli consumatori.
I consumatori dovrebbero pertanto essere chiaramente informati quando il prezzo che è loro offerto è personalizzato sulla base della decisione automatizzata, in modo da poter tenere conto dei potenziali rischi insiti nel loro processo decisionale di acquisto.
Pertanto, è opportuno inserire nella direttiva 2011/83/UE una disposizione relativa all’obbligo di informare il consumatore quando il prezzo offertogli è personalizzato sulla base di un processo decisionale automatizzato.
Tale obbligo di informazione non dovrebbe applicarsi nel caso di tecniche quali la fissazione di prezzo «dinamica» o «in tempo reale», caratterizzata da una grande flessibilità e rapidità nel modificare il prezzo proposto per rispondere alle richieste del mercato, purché tali tecniche non comportino una personalizzazione basata su un processo decisionale automatizzato.
Questo obbligo di informazione non pregiudica le disposizioni del regolamento (UE) 2016/679, che stabilisce, tra l’altro, il diritto delle persone fisiche di non essere assoggettate a processi decisionali automatizzati relativi alle persone fisiche, inclusa la profilazione.
- = -
(47) Al momento di effettuare le loro decisioni di acquisto, i consumatori si affidano sempre più spesso alle recensioni e raccomandazioni di altri consumatori.
Pertanto, quando i professionisti forniscono l’accesso alle recensioni dei consumatori sui prodotti, dovrebbero informare i consumatori se hanno adottato processi o procedure idonei a garantire che le recensioni pubblicate provengano da consumatori che hanno effettivamente acquistato o utilizzato i prodotti in questione.
Se sono operativi, detti processi o procedure dovrebbero precisare quali sono le modalità di svolgimento delle verifiche e fornire ai consumatori informazioni chiare sul modo in cui sono elaborate le recensioni, per esempio se sono pubblicate tutte le recensioni, sia positive che negative, o se le recensioni sono state sponsorizzate o influenzate da un rapporto contrattuale con un professionista.
Inoltre, dovrebbe essere considerato una pratica commerciale sleale il fatto di indurre in errore i consumatori dichiarando che le recensioni di un prodotto sono state inviate da consumatori che hanno effettivamente utilizzato o acquistato il prodotto in questione quando non è stata adottata alcuna misura ragionevole e proporzionata per garantire che esse provengano da detti consumatori.
Tali misure potrebbero includere mezzi tecnici intesi a verificare l’attendibilità della persona che posta una recensione, per esempio inviando una richiesta di informazioni per verificare che il consumatore abbia effettivamente utilizzato o acquistato il prodotto recensito.
- = -
(54) Le vendite negoziate fuori dai locali commerciali costituiscono un canale legittimo e consolidato, come le vendite presso i locali commerciali del professionista e le vendite a distanza.
Tuttavia alcune pratiche commerciali o di vendita particolarmente aggressive o ingannevoli, nel contesto di visite presso l’abitazione del consumatore o in occasione di escursioni, come indicato all’articolo 2, paragrafo 8, della direttiva 2011/83/UE, possono mettere i consumatori sotto pressione inducendoli all’acquisto di beni o servizi che altrimenti non avrebbero comprato e/o all’acquisto a prezzi eccessivi, spesso con pagamento immediato.
Tali pratiche spesso prendono di mira persone anziane o altre categorie di consumatori vulnerabili.
Alcuni Stati membri, in cui tali pratiche sono indesiderate, ritengono necessario limitare alcuni aspetti e forme delle vendite fuori dai locali commerciali ai sensi della direttiva 2011/83/UE, come la commercializzazione o la vendita aggressiva o ingannevole di un prodotto nel contesto di visite non richieste presso l’abitazione del consumatore o di escursioni.
Se sono adottate per motivi diversi dalla tutela dei consumatori, per esempio a difesa dell’interesse pubblico o ai fini del rispetto della vita privata del consumatore, tutelata dall’articolo 7 della Carta, tali restrizioni non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2005/29/CE.
- = -
(55) Conformemente al principio di sussidiarietà e per facilitare l’attuazione delle norme, andrebbe chiarito che la direttiva 2005/29/CE non pregiudica la libertà degli Stati membri di adottare nelle rispettive legislazioni nazionali disposizioni volte a tutelare ulteriormente gli interessi legittimi dei consumatori contro pratiche commerciali sleali attuate nel contesto di visite non richieste presso la loro abitazione da parte di un professionista che offra o venda prodotti, o nel contesto di escursioni organizzate da un professionista con lo scopo o con l’effetto di pubblicizzare o vendere prodotti ai consumatori, qualora tali disposizioni siano giustificate da motivi di tutela dei consumatori.
Tutte le disposizioni di questo tipo dovrebbero essere proporzionate e non discriminatorie e non dovrebbero vietare il ricorso a tali canali di vendita.
Disposizioni adottate a livello nazionale dagli Stati membri potrebbero, per esempio, precisare gli orari della giornata in cui le visite presso l’abitazione privata del consumatore non sono autorizzate a meno che questi non ne abbia fatto espressamente richiesta, o vietare tali visite se il consumatore ha chiaramente indicato che non le gradisce, oppure ancora prescrivere la procedura di pagamento.
Inoltre, tali disposizioni potrebbero introdurre norme che assicurino una maggiore protezione nei settori armonizzati dalla direttiva 2011/83/UE.
La direttiva 2011/83/UE dovrebbe pertanto essere modificata per consentire agli Stati membri di adottare disposizioni nazionali che prevedano un periodo più lungo per l’esercizio del diritto di recesso e che introducano delle deroghe a specifiche eccezioni a tale diritto.
Gli Stati membri dovrebbero essere tenuti a notificare alla Commissione eventuali misure nazionali adottate in materia, in modo che la Commissione possa mettere queste informazioni a disposizione di tutte le parti interessate e verificare la proporzionalità e la legalità di tali misure.
- = -
(56) Con riguardo pratiche aggressive e ingannevoli attuate nel contesto di eventi organizzati in luoghi diversi dai locali del professionista, la direttiva 2005/29/CE non pregiudica le eventuali condizioni relative allo stabilimento o ai regimi di autorizzazione che gli Stati membri possono imporre ai professionisti.
Inoltre, tale direttiva non pregiudica l’applicazione del diritto contrattuale nazionale, in particolare delle norme sulla formazione, la validità o l’efficacia di un contratto.
Le pratiche aggressive e ingannevoli attuate nel contesto di eventi organizzati in luoghi diversi dai locali del professionista possono essere vietate sulla base di una valutazione caso per caso ai sensi degli articoli da 5 a 9 di tale direttiva.
Inoltre, l’allegato I di tale direttiva introduce un divieto generale di pratiche attuate dal professionista per creare l’impressione che egli non agisca nel quadro della sua attività professionale, nonché di pratiche volte a creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali del professionista fino alla conclusione del contratto.
La Commissione dovrebbe valutare se le norme in vigore offrano un livello adeguato di tutela dei consumatori e forniscano agli Stati membri strumenti idonei per poter vietare efficacemente le suddette pratiche.
- = -