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Pratiche sleali 2005/0029 IT

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Articolo 1

Scopo

La presente direttiva intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante l'armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori.

Articolo 3

Ambito di applicazione

1.   La presente direttiva si applica alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, come stabilite all'articolo 5, poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto.

2.   La presente direttiva non pregiudica l'applicazione del diritto contrattuale, in particolare delle norme sulla formazione, validità o efficacia di un contratto.

3.   La presente direttiva non pregiudica l'applicazione delle disposizioni comunitarie o nazionali relative agli aspetti sanitari e di sicurezza dei prodotti.

4.   In caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme comunitarie che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici.

5.   Per un periodo di sei anni a decorrere dal 12 giugno 2007 gli Stati membri possono continuare ad applicare disposizioni nazionali più dettagliate o vincolanti di quelle previste dalla presente direttiva nel settore da essa armonizzato, in attuazione di direttive contenenti clausole minime di armonizzazione. Tali misure devono essere essenziali al fine di assicurare un'adeguata protezione dei consumatori da pratiche commerciali sleali e devono essere proporzionate al raggiungimento di tale obiettivo. La revisione di cui all'articolo 18 può, se ritenuto opportuno, comprendere una proposta intesa a prorogare questa deroga per un ulteriore periodo limitato.

6.   Gli Stati membri notificano alla Commissione senza indugio le disposizioni nazionali applicate sulla base del paragrafo 5.

7.   La presente direttiva non pregiudica l'applicazione delle norme che determinano la competenza giurisdizionale.

8.   La presente direttiva non pregiudica le eventuali condizioni relative allo stabilimento, o ai regimi di autorizzazione, o i codici deontologici di condotta o altre norme specifiche che disciplinano le professioni regolamentate, volti a mantenere livelli elevati di integrità dei professionisti, che gli Stati membri possono, conformemente alla normativa comunitaria, imporre a questi ultimi.

9.   In merito ai «servizi finanziari» definiti alla direttiva 2002/65/CE e ai beni immobili, gli Stati membri possono imporre obblighi più dettagliati o vincolanti di quelli previsti dalla presente direttiva nel settore che essa armonizza.

10.   La presente direttiva non è applicabile all'attuazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di certificazione e di indicazioni concernenti il titolo degli articoli in metalli preziosi.

Articolo 4

Mercato interno

Gli Stati membri non limitano la libertà di prestazione dei servizi né la libera circolazione delle merci per ragioni afferenti al settore armonizzato dalla presente direttiva.

CAPO 2

PRATICHE COMMERCIALI SLEALI

Articolo 5

Divieto delle pratiche commerciali sleali

1.   Le pratiche commerciali sleali sono vietate.

2.   Una pratica commerciale è sleale se:

a)

è contraria alle norme di diligenza_professionale,

e

b)

falsa o è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.

3.   Le pratiche commerciali che possono falsare in misura rilevante il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista può ragionevolmente prevedere sono valutate nell'ottica del membro medio di tale gruppo. Ciò lascia impregiudicata la pratica pubblicitaria comune e legittima consistente in dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che non sono destinate ad essere prese alla lettera.

4.   In particolare, sono sleali le pratiche commerciali:

a)

ingannevoli di cui agli articoli 6 e 7

o

b)

aggressive di cui agli articoli 8 e 9.

5.   L'allegato I riporta l'elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in ogni caso sleali. Detto elenco si applica in tutti gli Stati membri e può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva.

Sezione 1

Pratiche commerciali ingannevoli

Articolo 10

Codici di condotta

La presente direttiva non esclude il controllo, che gli Stati membri possono incoraggiare, delle pratiche commerciali sleali esercitato dai responsabili dei codici né esclude che le persone o le organizzazioni di cui all'articolo 11 possano ricorrere a tali organismi qualora sia previsto un procedimento dinanzi ad essi, oltre a quelli giudiziari o amministrativi di cui al medesimo articolo.

Il ricorso a tali organismi di controllo non è mai considerato equivalente alla rinuncia agli strumenti di ricorso giudiziario o amministrativo di cui all'articolo 11.

CAPO 4

DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 11

Applicazione

1.   Gli Stati membri assicurano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere le pratiche commerciali sleali al fine di garantire l'osservanza delle disposizioni della presente direttiva nell'interesse dei consumatori.

Tali mezzi includono disposizioni giuridiche ai sensi delle quali le persone o le organizzazioni che secondo la legislazione nazionale hanno un legittimo interesse a contrastare le pratiche commerciali sleali, inclusi i concorrenti, possono:

a)

promuovere un'azione giudiziaria contro tali pratiche commerciali sleali,

e/o

b)

sottoporre tali pratiche commerciali sleali al giudizio di un'autorità amministrativa competente a giudicare in merito ai ricorsi oppure a promuovere un'adeguata azione giudiziaria.

Spetta a ciascuno Stato membro decidere a quali di questi mezzi si debba ricorrere e se sia opportuno che l'organo giurisdizionale o amministrativo possa esigere che si ricorra in via preliminare ad altri mezzi previsti per risolvere le controversie, compresi quelli di cui all'articolo 10. Il ricorso a tali mezzi è indipendente dal fatto che i consumatori interessati si trovino nel territorio dello Stato membro in cui è stabilito il professionista o in un altro Stato membro.

Spetta a ciascuno Stato membro decidere:

a)

se le azioni giudiziarie possano essere promosse singolarmente o congiuntamente contro più professionisti dello stesso settore economico,

e

b)

se possano essere promosse nei confronti del responsabile_del_codice allorché il codice in questione incoraggia a non rispettare i requisiti di legge.

2.   Nel contesto delle disposizioni giuridiche di cui al paragrafo 1, gli Stati membri conferiscono all'organo giurisdizionale o amministrativo il potere, qualora ritengano necessari detti provvedimenti tenuto conto di tutti gli interessi in causa e, in particolare, dell'interesse generale:

a)

di far cessare le pratiche commerciali sleali o di proporre le azioni giudiziarie appropriate per ingiungere la loro cessazione,

o

b)

qualora la pratica commerciale sleale non sia stata ancora posta in essere ma sia imminente, di vietare tale pratica o di proporre le azioni giudiziarie appropriate per vietarla,

anche in assenza di prove in merito alla perdita o al danno effettivamente subito, oppure in merito all'intenzionalità o alla negligenza da parte del professionista.

Gli Stati membri prevedono inoltre disposizioni affinché i provvedimenti di cui al primo comma possano essere adottati nell'ambito di un procedimento d'urgenza:

con effetto provvisorio,

oppure

con effetto definitivo,

fermo restando che compete ad ogni Stato membro scegliere una delle due opzioni.

Inoltre, al fine di impedire che le pratiche commerciali sleali la cui sospensione sia stata ordinata da una decisione definitiva continuino a produrre effetti, gli Stati membri possono conferire all'organo giurisdizionale o all'autorità amministrativa il potere:

a)

di far pubblicare tale decisione per esteso, o in parte, e nella forma che ritengano opportuna,

b)

far pubblicare inoltre una dichiarazione rettificativa.

3.   L'autorità amministrativa di cui al paragrafo 1 deve:

a)

essere composta in modo che la sua imparzialità non possa essere messa in dubbio;

b)

avere, quando decide in merito ai ricorsi, i poteri necessari per vigilare e assicurare l'effettiva esecuzione delle sue decisioni;

c)

motivare, in linea di massima, le sue decisioni.

Allorché i poteri di cui al paragrafo 2 sono esercitati esclusivamente da un'autorità amministrativa, le sue decisioni sono sempre motivate. In questo caso, devono essere inoltre previste procedure in base alle quali l'esercizio improprio o ingiustificato dei poteri dell'autorità amministrativa e le omissioni improprie o ingiustificate nell'esercizio dei poteri stessi possano essere oggetto di ricorso giurisdizionale.

Articolo 12

Organi giurisdizionali e amministrativi: allegazioni fattuali

Gli Stati membri attribuiscono agli organi giurisdizionali o amministrativi il potere, in un procedimento civile o amministrativo di cui all'articolo 11:

a)

di esigere che il professionista fornisca prove sull'esattezza delle allegazioni fattuali connesse alla pratica commerciale se, tenuto conto degli interessi legittimi del professionista e di qualsiasi altra parte nel procedimento, tale esigenza risulti giustificata, date le circostanze del caso specifico;

e

b)

di considerare inesatte le allegazioni fattuali, se le prove richieste ai sensi della lettera a) non siano state fornite o siano ritenute insufficienti dall'organo giurisdizionale o amministrativo.

Articolo 13

Sanzioni

Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

«Articolo 3 bis

1.

Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è ritenuta lecita qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: che essa

a)

non sia ingannevole ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, e degli articoli 3 e 7, paragrafo 1 della presente direttiva o degli articoli 6 e 7 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (9);

b)

confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi;

c)

confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi;

d)

non causi discredito o denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi, attività o circostanze di un concorrente;

e)

per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisca in ogni caso a prodotti aventi la stessa denominazione;

f)

non tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione commerciale o ad altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti;

g)

non rappresenti un bene o servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati;

h)

non ingeneri confusione tra i professionisti, tra l'operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi dell'operatore pubblicitario e quelli di un concorrente.

4)

l'articolo 4, paragrafo 1, è sostituito dal seguente:

«1.

Gli Stati membri assicurano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere la pubblicità ingannevole e garantire l'osservanza delle disposizioni in materia di pubblicità comparativa nell'interesse sia dei professionisti sia dei concorrenti. Tali mezzi includono disposizioni giuridiche ai sensi delle quali persone od organizzazioni che secondo la legislazione nazionale hanno un legittimo interesse contrastare la pubblicità ingannevole o la regolamentazione della pubblicità comparativa possano:

a)

promuovere un'azione giudiziaria contro tale pubblicità

o

b)

sottoporre tale pubblicità al giudizio di un'autorità amministrativa competente a giudicare in merito ai ricorsi oppure a promuovere un'adeguata azione giudiziaria.

Spetta a ciascuno Stato membro decidere a quali di questi mezzi si debba ricorrere e se sia opportuno che l'organo giurisdizionale o amministrativo sia autorizzato ad esigere che si ricorra in via preliminare ad altri mezzi previsti per risolvere le controversie, compresi quelli di cui all'articolo 5.

Spetta a ciascuno Stato membro decidere:

a)

se le azioni giudiziarie possano essere promosse singolarmente o congiuntamente contro più professionisti dello stesso settore economico

e

b)

se possano essere promosse nei confronti del responsabile_del_codice allorché il codice in questione incoraggia a non rispettare i requisiti di legge.»

5)

l'articolo 7, paragrafo 1, è sostituito dal seguente:

«1.

La presente direttiva non si oppone al mantenimento o all'adozione da parte degli Stati membri di disposizioni che abbiano lo scopo di garantire una più ampia tutela, in materia di pubblicità ingannevole, dei professionisti e dei concorrenti.»

«Articolo 9

Fornitura non richiesta

Considerato il divieto delle pratiche di fornitura non richiesta stabilito dalla direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (10), gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per dispensare il consumatore da qualsiasi prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta, fermo restando che l'assenza di risposta non implica consenso.

2)

l'articolo 9 della direttiva 2002/65/CE è sostituito dal seguente:

«Articolo 9

Considerato il divieto delle pratiche di fornitura non richiesta stabilito dalla direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (11), e fatte salve le disposizioni della legislazione degli Stati membri relative al tacito rinnovo dei contratti a distanza, quando dette norme consentono il tacito rinnovo, gli Stati membri adottano le misure necessarie per dispensare il consumatore da qualunque obbligo in caso di fornitura non richiesta, fermo restando che l'assenza di risposta non implica consenso.

Articolo 17

Informazione

Gli Stati membri adottano misure appropriate per informare il consumatore della legge nazionale che recepisce la presente direttiva e, se del caso, incoraggiano i professionisti e i responsabili del codice ad informare i consumatori in merito ai propri codici di condotta.

Articolo 19

Recepimento

Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 12 giugno 2007. Essi ne informano immediatamente la Commissione e comunicano senza indugio a quest'ultima ogni eventuale successiva modifica.

Essi applicano tali disposizioni entro il 12 dicembre 2007. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

Articolo 21

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Strasburgo, addì 11 maggio 2005.

Per il Parlamento europeo

Il presidente

J. P. BORRELL FONTELLES

Per il Consiglio

Il presidente

N. SCHMIT


(1)  GU C 108 del 30.4.2004, pag. 81.

(2)  Parere del Parlamento europeo del 20 aprile 2004 (GU C 104 E del 30.4.2004, pag. 260), posizione comune del Consiglio del 15 novembre 2004 (GU C 38 E del 15.2.2005, pag. 1) e posizione del Parlamento europeo del 24 febbraio 2005 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 12 aprile 2005.

(3)  GU L 250 del 19.9.1984, pag. 17. Direttiva modificata dalla direttiva 97/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 290 del 23.10.1997, pag. 18).

(4)  GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19. Direttiva modificata dalla direttiva 2002/65/CE (GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16).

(5)  GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 51. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/65/CE.

(6)  GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16.

(7)  GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37.

(8)  GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12.

(9)  GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22

(10)  GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22

(11)  GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22

(12)  GU L 364 del 9.12.2004, pag. 1.


ALLEGATO I

PRATICHE COMMERCIALI CONSIDERATE IN OGNI CASO SLEALI

Pratiche commerciali ingannevoli

1)

Affermazione, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice_di_condotta, ove egli non lo sia.

2)

Esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione.

3)

Asserire che un codice_di_condotta ha l'approvazione di un organismo pubblico o di altra natura, ove esso non la abbia.

4)

Asserire che un professionista (incluse le sue pratiche commerciali) o un prodotto è stato approvato, accettato o autorizzato da un organismo pubblico o privato quando esso non lo sia stato o senza rispettare le condizioni dell'approvazione, dell'accettazione o dell'autorizzazione ricevuta.

5)

Invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l'esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all'entità della pubblicità fatta dal prodotto e al prezzo offerti (bait advertising ovvero pubblicità propagandistica).

6)

Invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente:

a)

rifiutare di mostrare l'articolo pubblicizzato ai consumatori,

oppure

b)

rifiutare di accettare ordini per l'articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo ragionevole,

oppure

c)

fare la dimostrazione dell'articolo con un campione difettoso,

con l'intenzione di promuovere un altro prodotto (bait and switch ovvero pubblicità con prodotti civetta).

7)

Dichiarare falsamente che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto limitato o che sarà disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e privare i consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole.

8)

Impegnarsi a fornire l'assistenza post-vendita a consumatori con i quali il professionista ha comunicato prima dell'operazione commerciale in una lingua diversa dalla lingua ufficiale dello Stato membro in cui il professionista è situato e poi offrire concretamente tale servizio soltanto in un'altra lingua, senza chiaramente comunicarlo al consumatore prima che questi si sia impegnato a concludere l'operazione.

9)

Affermare o generare comunque l'impressione che la vendita del prodotto è lecita, ove non lo sia.

10)

Presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica propria dell'offerta fatta dal professionista.

11)

Impiegare contenuti redazionali nei media per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga chiaramente dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore (advertorial ovvero pubblicità redazionale). Tale disposizione è senza pregiudizio della direttiva 89/552/CEE (1).

12)

Formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la portata dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia se egli non acquistasse il prodotto.

13)

Promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un particolare produttore in modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore facendogli credere che il prodotto è fabbricato dallo stesso produttore mentre invece non lo è.

14)

Avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall'entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti.

15)

Affermare che il professionista sta per cessare l'attività o traslocare, ove non stia per farlo.

16)

Affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi d'azzardo.

17)

Affermare falsamente che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni o malformazioni.

18)

Comunicare informazioni di fatto inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d'indurre il consumatore ad acquistare il prodotto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato.

19)

Affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole.

20)

Descrivere un prodotto come gratuito, senza oneri o simili se il consumatore deve pagare un sovrappiù rispetto all'inevitabile costo di rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare l'articolo.

21)

Includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di pagamento che dia al consumatore l'impressione di aver già ordinato il prodotto in commercio mentre non lo ha fatto.

22)

Falsamente dichiarare o dare l’impressione che il professionista non agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o presentarsi falsamente come consumatore.

23)

Dare la falsa impressione che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui è venduto il prodotto.

Pratiche commerciali aggressive

24)

Creare l'impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto.

25)

Effettuare visite presso l'abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, fuorché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell'esecuzione di un'obbligazione contrattuale.

26)

Effettuare ripetute e sgradite sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza, fuorché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell'esecuzione di un'obbligazione contrattuale, fatti salvi l'articolo 10 della direttiva 97/7/CE e le direttive 95/46/CE (2) e 2002/58/CE.

27)

Imporre al consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento in virtù di una polizza di assicurazione di esibire documenti che non potrebbero ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la validità della richiesta, o omettere sistematicamente di rispondere alla relativa corrispondenza, al fine di dissuadere un consumatore dall'esercizio dei suoi diritti contrattuali.

28)

Includere in un messaggio pubblicitario un'esortazione diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare loro i prodotti reclamizzati. Questa disposizione non osta all'applicazione dell'articolo 16 della direttiva 89/552/CEE, concernente delle attività televisive.

29)

Esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto, salvo nel caso dei beni di sostituzione di cui all'articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 97/7/CE (fornitura non richiesta).

30)

Informare esplicitamente il consumatore che se non acquista il prodotto o servizio sarà in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista.

31)

Dare la falsa impressione che il consumatore abbia già vinto, vincerà o vincerà compiendo una determinata azione un premio o una vincita equivalente, mentre in effetti:

non esiste alcun premio né vincita equivalente,

oppure

qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra vincita equivalente è subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del consumatore.


(1)  Direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23). Direttiva modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 202 del 30.7.1997, pag. 60).

(2)  Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).


ALLEGATO II

DISPOSIZIONI DI DIRITTO COMUNITARIO CHE STABILISCONO NORME IN MATERIA DI PUBBLICITÀ E COMUNICAZIONI COMMERCIALI

Articoli 4 e 5 della direttiva 97/7/CE

Articolo 3 della direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» (1)

Articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 1994, concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili (2)

Articolo 3, paragrafo 4 della direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (3)

Articoli da 86 a 100 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (4)

Articoli 5 e 6 della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (5)

Articolo 1, lettera d) della direttiva 98/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, che modifica la direttiva 87/102/CEE del Consiglio relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (6)

Articoli 3 e 4 della direttiva 2002/65/CE

Articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2001/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 gennaio 2002, che modifica la direttiva 85/611/CEE del Consiglio concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) al fine di regolamentare le società di gestione e i prospetti semplificati (7)

Articoli 12 e 13 della direttiva 2002/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 dicembre 2002, sulla intermediazione assicurativa (8)

Articolo 36 della direttiva 2002/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativa all'assicurazione sulla vita (9)

Articolo 19 della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari (10)

Articoli 31 e 43 della direttiva 92/49/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita (terza direttiva assicurazione non vita) (11)

Articoli 5, 7 e 8 della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari (12)


(1)  GU L 158 del 23.6.1990, pag. 59.

(2)  GU L 280 del 29.10.1994, pag. 83.

(3)  GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27.

(4)  GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2004/27/CE (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 34).

(5)  GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1.

(6)  GU L 101 dell’1.4.1998, pag. 17.

(7)  GU L 41 del 13.2.2002, pag. 20.

(8)  GU L 9 del 15.1.2003, pag. 3.

(9)  GU L 345 del 19.12.2002, pag. 1. Direttiva modificata dalla direttiva 2004/66/CE del Consiglio (GU L 168 dell’1.5.2004, pag. 35).

(10)  GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1.

(11)  GU L 228 dell'11.8.1992, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 35 dell'11.2.2003, pag. 1).

(12)  GU L 345 del 31.12.2003, pag. 64.


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